Slovenia, scoperta fossa comune con rom uccisi dai partigiani

By Dicembre 4, 2017NOTIZIE

Una fossa comune ritrovata nella periferia di Lubiana dagli esperti e studiosi della Commissione governativa per i cimiteri sepolti nel sobborgo di Iga, un paesino di 6000 abitanti che fece parte della Provincia autonoma di Lubiana durante l’occupazione italiana della Iugoslavia (1941-1943). Il quotidiano triestino “Il Piccolo” informa che gli scavi hanno portato alla luce gli scheletri di 53 persone, tutte di etnia rom, giustiziati dai partigiani nel maggio del 1942. In quel periodo i partigiani erano riusciti a controllare alcune aree della zona d’occupazione italiana e avevano iniziato a istituire i propri sommari tribunali. Secondo gli storici sloveni l’eccidio dei rom sarebbe legata al fatto che i partigiani avevano paura che gli stessi fornissero notizie e informazioni alle truppe italiane, per paura o per denaro.

Le prime opere di sondaggio dell’area sono avvenute nel 2015. Nell’ottobre di quest’anno invece gli archeologi, dopo i primi scavi, hanno confermato l’esistenza di una fossa comune. Gli scavi veri e propri che hanno portato al ritrovamento sono iniziati il mese scorso. Gli operatori hanno così rinvenuto sette fosse, tre nelle quali c’era un solo scheletro, due dove le vittime erano due, e due fosse comuni. I resti sono di uomini e donne, tutti civili, ma anche di bambini. Nella fossa più piccola sono stati rinvenuti 12 cadaveri, in quella più grande 34. Ventisei delle vittime avevano un’età superiore ai vent’anni, di questi 14 uomini e 12 donne, tra queste c’era anche una donna incinta al suo ultimo mese di gravidanza; gli studiosi hanno trovato anche tracce del feto.

Inoltre due scheletri recuperati erano di ragazzi giovani tra i 15 e i 17 anni, venticinque i resti di bambini minori di 14 anni. In una delle fosse venne gettato un bambino di circa 4 anni, mentre in una delle due fosse comuni c’erano un bimbo di un anno, otto bambini tra i due e i sei anni e quattordici tra i sette e i 13 anni.

Sui resti sono state ritrovate ferite da arma da fuoco e bossoli calibro 7,2 e di 9 millimetri. Accanto ai cadaveri c’erano anche oggetti personali come bottoni, spille, portafogli e pettini, indizi del fatto che si tratta di civili. Per la Commissione governativa si trattò di una strage preventiva – in questo caso di due famiglie rom – con lo scopo di evitare che le stesse facessero opera di spionaggio a favore dell’occupatore fascista fornendo notizie sugli spostamenti delle unità partigiane.

La magistratura slovena ha aperto un fascicolo e la polizia, grazie ad alcuni documenti e alla testimonianza di persone che vivevano all’epoca nell’area dell’eccidio, avrebbe anche alcuni nomi degli autori della strage. Il criminalista Pavel Jamnik ha spiegato alla Rtv Slovenija che le indagini hanno portato «a individuare quattro nomi, ma tutti sono già morti». «Le indagini comunque continuano – ha spiegato Jamnik – e se dovessimo trovare qualche responsabile ancora in vita» questo verrà accusato di strage. Gli inquirenti hanno identificato la squadra partigiana cui appartenevano i responsabili dell’eccidio dei rom e ora stanno cercando negli archivi i singoli nominativi.

Non fu l’unico caso di massacro ai danni della minoranza zingara in Slovenia, come risulta da uno studio che cita anche documenti dei Regi Carabinieri.

Una galleria fotografica dei macabri ritrovamenti in Slovenia può essere consultata a questo link (in sloveno).

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