1928, il massacro dei bananieri. Quando la democrazia spara sugli operai

By dicembre 8, 2017APPROFONDIMENTI

A partire dal 5 dicembre 1928 nella città di Ciénaga vicino a Santa Marta, in Colombia, centinaia di operai furono massacrati dall’esercito colombiano dietro probabile pressione della compagnia statunitense United Fruit, spalleggiata dal governo di Washington. L’episodio venne raccontato nel romanzo “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Lorca, dove si parla di almeno tremila persone uccise, anche se il numero reale non è mai stato accertato. Le richieste dei lavoratori e il loro sciopero vennero bollati dai funzionari statunitensi in Colombia e dai rappresentanti di United Fruit come “comunisti” con “tendenze sovversive”, e Washington minacciò di inviare il Corpo dei Marines se il governo colombiano non avesse agito per proteggere gli interessi di United Fruit. Il governo reazionario di Miguel Méndez impiegò dunque l’esercito per porre fine allo sciopero.

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Bananieri al lavoro per conto della multinazionale United Fruit

Gli operai delle piantagioni di banane in Colombia entrarono in sciopero nel dicembre 1928. Chiedevano contratti scritti, giornate lavorative di otto ore, settimane di lavoro di sei giorni e l’eliminazione di buoni pasto. Lo sciopero si trasformò nel più grande movimento operaio mai visto prima nel paese. Il governo di Bogotà inviò quindi un reggimento per reprimere il moto. Le truppe piazzarono mitragliatrici sui tetti degli edifici della piazza principale di Ciénaga, bloccando le strade di accesso, e dopo un avvertimento di cinque minuti aprirono il fuoco in una folla di operai e le loro famiglie, compresi i bambini, che si erano radunati dopo la messa domenicale.

Il generale Cortés Vargas, che comandava le truppe durante il massacro, si prese la responsabilità di 47 morti. In realtà, il numero esatto delle vittime non è mai stato confermato. Herrera Soto, coautrice di uno studio completo e dettagliato dello sciopero del 1928, ha raccolto varie stime fornite da contemporanei e storici, che vanno da 47 a 2.000. Sopravvissuti, storie orali popolari e documenti scritti danno cifre a 800-3000 uccisi, aggiungendo che i soldati li avrebbero gettati in mare.
Tra i sopravvissuti c’era Luis Vicente Gámez, scampato nascondendosi sotto un ponte per tre giorni.
La versione del funzionario Jose Gregorio Guerrero invece dava come numero dei morti nove: otto civili e un solo soldato.

Un comizio durante gli scioperi dei lavoratori delle piantagioni di banane contro lo sfruttamento. Le richieste dei sindacati comprendevano contratti scritti, la giornata lavorativa di otto ore e la domenica libera.

Il coinvolgimento del governo statunitense nella repressione emerse dalla documentazione diplomatica, riportata da Wikipedia con le fonti agli originali: in un telegramma dell’ambasciata di Bogotà presso il segretario di Stato degli Stati Uniti, Frank B. Kellogg, in data 5 dicembre 1928, era scritto: “Ho seguito lo sciopero della frutta di Santa Marta tramite il rappresentante della United Fruit Company; il ministro degli Esteri sabato mi ha detto che il governo avrebbe inviato truppe aggiuntive e arrestato tutti i leader degli scioperi e li avrebbe trasportati in una prigione a Cartagena; il governo avrebbe fornito una protezione adeguata agli interessi americani coinvolti”. Nel telegramma del consolato di Santa Marta presso il segretario di Stato degli Stati Uniti, datato 6 dicembre 1928, si dichiarava: “Il sentimento nei confronti del governo da parte del proletariato, condiviso da alcuni soldati, è alto ma non si può dubitare che si possa contare sulla protezione del governo colombiano. Rispettosamente suggerirei che la mia richiesta di inviare una nave da guerra statunitense a distanza di chiamata sia esaudita e che la nave sia sottoposta ai miei ordini… E’ chiaro che il carattere dello sciopero è cambiato e che la sommossa è una manifestazione a tendenza sovversiva”.

Il telegramma dell’ambasciata di Bogotà al segretario di Stato degli Stati Uniti, datato 7 dicembre 1928, continuava: “Situazione fuori dalla città di Santa Marta indubbiamente molto seria: la zona esterna è in rivolta; i militari che hanno l’ordine “di non risparmiare munizioni” e hanno già ucciso e ferito una cinquantina di scioperanti. Il governo ora parla di offensiva generale contro gli scioperanti non appena tutte le truppe ora in arrivo arriveranno presto la settimana prossima”.

Le notizie del massacro sulla stampa colombiana

Da Washington il dipartimento di Stato degli Stati Uniti scrisse al consolato di Santa Marta un telegramma datato 8 dicembre 1928, dove si affermava: “La Legazione a Bogotà riferisce che ordini categorici sono stati dati dalle autorità di Santa Marta per proteggere tutti gli interessi americani. Il Dipartimento non vuole (ripeto non) inviare una nave da guerra a Santa Marta. Tenete informato il Dipartimento di tutti gli sviluppi via telegrafo”. A questo telegramma il consolato rispondeva il 9: “La colonna militare è appena arrivata a Santa Marta dalle coltivazioni di banane con tutti i cittadini americani. Nessun americano ucciso o ferito. La guerriglia continua ora nella zona, ma le forze militari sono attivamente impegnate nella pulizia dei comunisti dal distretto”.

Due giorni dopo il consolato di Santa Marta informava il segretario di Stato degli Stati Uniti delle conseguenze della repressione: “Saccheggi e omicidi si sono verificati dal momento in cui è stata proclamata la legge marziale e il fatto che gli americani residenti nella zona ne siano usciti vivi è dovuto alla difesa che hanno messo in piedi per sei ore, trattenendo la folla che era intenzionata a ucciderli. Ero giustificato nel chiedere aiuto e accoglierò con favore l’opportunità di difendere la posizione che ho assunto la mattina del sei dicembre e fino al pomeriggio dell’otto”.

L’ambasciata di Bogotà telegrafò al segretario di Stato degli Stati Uniti, lo stesso 11 dicembre 1928, affermando: “La stampa di opposizione, cioè la stampa del Partito Liberale, sta conducendo una violenta campagna contro il governo per i metodi usati per spezzare lo sciopero, diffondendo pessimi termini [ugly words], in particolare riferendosi al ministro della Guerra e ai militari vengono usate parole come “omicida” e “assassini”. Sebbene i benpensanti del paese si rendano conto che è stata solo la pronta azione del governo a sventare un disastro, questa insidiosa campagna della stampa di sinistra [liberal] indubbiamente produrrà un grande risentimento nei confronti del governo e tenderà a inculcare nella mente del popolo la convinzione che il governo sia stato eccessivamente frettoloso nel proteggere gli interessi della United Fruit Company. La stampa conservatrice sta difendendo l’azione del governo ma dubito che il loro contrattacco sarà sufficiente per eliminare il danno che i giornali di sinistra stanno causando”.

Infine, sul numero delle vittime, l’ambasciata statunitense di Bogotá informò in più occasioni il segretario di stato degli Stati Uniti. Il 29 dicembre 1928 scrisse: “Ho l’onore di riferire che il consulente legale della United Fruit Company qui a Bogotá ha dichiarato ieri che il numero totale di scioperanti uccisi dalle autorità militari colombiane durante le recenti sommosse oscilla fra i cinque e i seicento; mentre il numero di soldati uccisi è di uno”. E ancora (16 gennaio 1929): “Ho l’onore di riferire che il rappresentante di Bogotá della United Fruit Company mi ha detto ieri che il numero totale di scioperanti uccisi dall’esercito colombiano ha superato le 1000 unità”.

 

 

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