Il 22 novembre la Cristianità celebra Santa Cecilia. Martire vissuta a cavallo fra II e III secolo d.C., secondo la tradizione cristiana sposò un nobile romano – Valeriano – che venne convertito dopo averla veduta pregare assieme a un angelo. Il marito, inizialmente, pensò ad un incontro clandestino, ma il messaggero celeste apparve e materializzò delle corone di fiori sul capo dei due sposi. Valeriano abbracciò così la nuova fede, seguito poco dopo dal fratello Tiburzio. I due vennero in seguito martirizzati per aver dato cristiana sepoltura ai correligionari giustiziati durante le persecuzioni, contravvenendo alle prescrizioni del prefetto Almachio. Cecilia fu veduta pregare sulle tombe del fratello e del cognato e il prefetto ordinò che fosse giustiziata a sua volta. Subì il martirio prima con un tentativo di soffocamento, poi per decapitazione. Nonostante tutte le forze del boia, al terzo colpo il collo di Cecilia ancora non era stato reciso, e la ragazza morì dissanguata.
Il corpo della Santa fu traslato nell’821 nell’attuale basilica trasteverina dedicata al suo culto e nel 1599, quando il sarcofago venne aperto per i restauri ordinati dal cardinale Paolo Emilio Sfondrati, il corpo di Cecilia venne ritrovato incorrotto, nella posizione del martirio: la testa voltata per la decapitazione, tre dita della mano destra a indicare la Trinità, un dito della sinistra a indicare Dio. Da allora l’iconografia della Santa la rappresenta in questa postura.
Cecilia è considerata la santa patrona della musica e dei musicisti. Il legame è alquanto leggero e si basa su un verso del martirologio:
Cantantibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat dicens: fiat Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar
Mentre suonavano i musici del suo banchetto nuziale, Cecilia cantava in cuor suo la lode del Signore.
Tanto bastò perché nel Basso Medioevo venisse sempre più associata alla musica. Quell'”organis” ispirò proprio l’organo a tastiera che comparve nella sua iconografia.
Nel tardo Rinascimento il legame fra la Santa e la musica venne suggellato definitivamente: la prima associazione di cui si ha notizia è in una celebrazione musicale a Evreux, in Normandia, nel 1570. Nel 1585 papa Sisto V fondò l’Accademia di Santa Cecilia, allora chiamata Congregazione de’ musici di Roma. Come scrive il sito dell’Accademia,
Nel maggio del 1585 il pontefice Sisto V pubblicò la bolla Ratione congruit, atto ufficiale di fondazione della Congregazione dei Musici sotto l’invocazione della Beata Vergine e dei Santi Gregorio e Cecilia, unendo quindi fra i suoi patroni accanto alla Vergine i due santi musicali per eccellenza, Gregorio Magno cioè colui che per tradizione aveva istituito il canto ecclesiastico – il così detto canto gregoriano – e Cecilia, vergine e martire che a partire dal tardo medioevo si era progressivamente sostituita a Davide nel ruolo di patrona della musica.
Nell’Ottocento in nome della Santa nacque il Movimento Ceciliano, che si riproponeva di riformare la musica sacra dopo una decadenza quasi secolare: era infatti quasi scomparso il canto gregoriano e la polifonia e la musica liturgica s’era adagiata su modelli operistici. I principali esponenti di questo movimento furono Giovanni Tebaldini, maestro di Cappella nella Basilica di San Marco di Venezia, Franz Xaver Haberl, fondatore della Kirchenmusikschule e direttore di Musica al Duomo di Ratisbona, il vescovo di Mantova, Sarto, futuro Papa Pio X e infine – più di tutti – Lorenzo Perosi, direttore del coro della Cappella Sistina. Nel 1903 Pio X emanava il Motu Proprio “Inter Sollicitudines”, in cui esortava la Chiesa cattolica a seguire i principi del Cecilianesimo nel campo della musica liturgica.
Paradossalmente fra i più duri critici del Cecilianesimo fu Domenico Bartolucci, successore di Perosi alla direzione della Sistina, e uno dei più grandi compositori del XX secolo. La Cappella Sistina, riformata da Bartolucci e dal magister puerorum Giovanni Maria Catena sotto la protezione e la guida di Santa Cecilia, venne realmente riportata ai fasti tanto del gregoriano quanto della polifonia rinascimentale. Uno sforzo filologico ed educativo titanico, che sfortunatamente le ultime derive musicali e liturgiche stanno rapidamente dilapidando.
Nel video che segue è raccontato il profondissimo legame fra il culto della Santa e il coro della Cappella Sistina com’era nel suo cinquantennio aureo, sotto la direzione di Domenico Bartolucci.