Canfora: “Ridicolo abbattere i monumenti. Scatenarsi sui simboli è solo fumo negli occhi”

By settembre 14, 2017RASSEGNA STAMPA

Abradere la scritta Mussolini Dux dall’obelisco del Foro Italico sembra essere una delle priorità di un pezzo della sinistra italiana. Sul tema, ieri, è tornato l’onorevole Emanuele Fiano, estensore della nuova proposta di legge in discussione al parlamento per ampliare i termini dell’apologia di fascismo. Ma quella di Fiano è solo la punta dell’iceberg di una serie di prese di posizione a sinistra verso monumenti e oggetti che ricordano il ventennio. Del tema abbiamo deciso di parlare con uno dei più noti antichisti e storici italiani, Luciano Canfora, che per storia personale e pubblicazioni non può certo essere accusato di simpatie a destra.

Professore Canfora la smania di abbattere monumenti di regimi passati non è certo una novità…

«La guerra ai monumenti è un grande classico. Giusto per fare qualche esempio: nella Roma antica Silla fece distruggere tutti i monumenti dedicati al suo nemico Mario. E poi Cesare li fece ricostruire. Durante la rivoluzione francese vennero abbattute statue di re e di santi. Toccò anche a molte chiese, demolite, trasformate in caserme. Più recentemente abbiamo avuto in Italia l’abbattimento di moltissime statue di Mussolini dopo il 25 luglio del 1943, nei Paesi dell’Est l’abbattimento delle statue di Stalin… Tranne che in Georgia, Stalin era georgiano. Ovviamente è un qualcosa che si può spiegare nei momenti caldi di conflittualità. Quando sono passati anni invece ci si aspetterebbe che prevalessero ragionamenti diversi improntati a logiche più serene…».

Si può devastare il patrimonio architettonico per riscrivere la storia?

«Ha presente l’arco dell’imperatore romano Tito? Celebra la distruzione del tempio di Gerusalemme. È un monumento quanto mai esecrabile per gli ebrei ma nessuno si è mai sognato di chiederne l’abbattimento. Men che meno venne in mente al sindaco Ernesto Nathan di origini ebraiche…».

Insomma da un certo punto in poi un monumento è un monumento e basta e va visto solo come un pezzo del nostro passato?

«Non esiste ovviamente un calendario universale che fissi la data da cui si può abbattere o no. Ma in generale credo si possa dire che scatenarsi sui simboli sia una ginnastica inutile…».

Anche la Costituente pur approvando l’articolo XII delle disposizioni transitorie e finali non fece alcun cenno ai monumenti.

«Né quelle, né la legge Scelba. Decisero di prendere in considerazione solo la ricostituzione del Partito fascista e l’apologia del medesimo. All’epoca della legge Scelba ci furono pressioni americane perché venisse vietato anche il partito comunista. Ma De Gasperi decise di soprassedere per evitare tensioni politiche… Ma già allora era chiaro che non aveva senso mettersi a scalpellare i monumenti. Che facciamo ci mettiamo a cambiare tutti i tombini che hanno un fascio littorio sopra? Abbattiamo l’Eur? Che senso ha?».

Quindi tra apologia, ricostituzione del partito fascista, e patrimonio culturale bisogna distinguere?

«Sono ovviamente tre piani diversi. Non so cosa sia venuto in mente a Fiano, ma confonderli non porta a niente di utile. Mi sembra un fatto patente. Quello dei monumenti è un terreno sbagliato in cui portare il dibattito. E in generale lo è quello della censura. Quando il regime comunista censurò i testi di Trotzski in Russia iniziarono a circolare dappertutto in forma di samizdat. Dopo la caduta del comunismo hanno smesso di generare interesse. Anche il Mein Kampf è giusto pubblicarlo, con un corretto apparato. È inutile parlare di male assoluto se le persone, questo male, non possono vederlo e valutarlo».

A essere sinceri l’impressione è, anche, che si rischino scelte molto arbitrarie. Non è che possiamo demolire interi pezzi di città…

«La cittadella universitaria di Roma progettata sotto il fascismo da Marcello Piacentini? La facciamo bombardare all’aviazione statunitense? È edilizia fascista. È come l’idea di abbattere le statue di Cristoforo Colombo perché avrebbe aperto la via ai colonizzatori. Sono mene che fanno un po’ ridere».

di Matteo Sacchi da Il Giornale del 13/09/2017

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"La Storia senza revisione non dovrebbe circolare"

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