Fusaro: “riprendiamoci la veterolingua italiana contro la neolingua dell’inglese dei mercati”

By marzo 30, 2018RASSEGNA STAMPA

Nel suo capolavoro, “La congiura di Catilina”, lo storico Sallustio utilizzava scientemente forme del latino arcaico: ad esempio, “optumus” in luogo di “optimus”. Lo faceva con il preciso intento di opporsi anche linguisticamente alla decadenza dei tempi in cui si trovava a vivere, di cui era spietatamente critico. Sulle orme dell’antico Sallustio, è arrivato anche per noi il momento dell’indocilità ragionata e della disobbedienza meditata. Anche sul piano linguistico.

Il “tempo della povertà” (duerftige Zeit), come lo apostrofava Hoelderlin, e dello svuotamento assoluto di ogni significato si sta oggi dispiegando, su scala planetaria, nel trionfo della neolingua anglofona dei mercati, il “globish”, un idioma neutro e sterile, vuoto e tale da ridurre il linguaggio, da scrigno delle culture dei popoli, come lo definiva Herder, a grigio medium comunicativo di “scambio”, semplice raddoppiamento simbolico dello scambio delle merci nella sfera della circolazione.

Contro la neolingua anglofona dei mercati mondializzati – che, come il “newspeak” di Orwell, viene ogni giorno impoverendosi tendendo di fatto all’afasia dei “tweet” e degli “sms” –, occorre reagire con coscienza e discernimento rivalorizzando la “veterolingua” nazionale, contro la quale da tempo si scagliano con furore i poliorceti del mondialismo con incoscienza felice. I quali, distruggendo le lingue nazionali, aspirano in pari tempo ad annichilire le culture e le storie dei popoli sull’altare del piano liscio asimbolico, aprospettico e aculturale del “one world” (e sempre più “one word”) del mercato globale.

Ecco perché oggi parlare la propria lingua nazionale è un gesto rivoluzionario. Non solo. Occorre, con Sallustio, selezionare con ponderazione le parole più raffinate e più pregne di storicità, anche a costo di essere scherniti dai mandarini del pensiero unico cosmopolitico: Nuova York in luogo di New York, terminale in luogo di computer, corriera in luogo di pullmann, e così via. Occorre, in compresenza di due parole dal medesimo significato, scegliere diligentemente sempre la forma più arcaica e desueta: spagnuoli in vece di spagnoli, ananasso in vece di ananas, maraviglia in luogo di meraviglia, palmizi in luogo di palme, pronuziare in luogo di pronunciare, e così via. Si tratta, occorre averne coscienza, di una battaglia culturale della massima importanza.

La cultura – ce l’ha insegnato Gramsci – è sempre il luogo dell’acquisizione della consapevolezza del conflitto e del proprio posizionamento in esso.

 

Di DIEGO FUSARO da L’INTERESSE NAZIONALE del 1 Dicembre 2017

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